VIAGGIO
NELLA SPICE ‘ISLAND’ A RIDOTTO CONTENUTO ALCOLICO
Se qualcuno nel passato mi avesse detto che un giorno sarei
andata in Africa, io non ci avrei creduto nemmeno per un secondo. Ed invece
l’amore per una mia cara amica, che ha convolato a nozze con un uomo del posto,
mi ha portato a trascorrere quindici giorni splendidi sull’isola delle spezie:
Zanzibar!
E’ una isola dell’Oceano Indiano, distante 50 km dalla
terraferma, la Tanzania, situata nella parte orientale dell’Africa. La
capitale, Stone Town, citta’ di pietra in inglese in riferimento alle pietre
locali che rivestono gli edifici, mentre in swahili il nome indica la citta’
vecchia, e’ un posto molto suggestivo, con stradine che si incrociano e che
rendono impossibile il passaggio delle automobili. E’ una citta’ colorata,
multirazziale, tranquilla e cosi’ antica da meritarsi il riconoscimento di
essere patrimonio dell’Unesco.
Dopo qualche giorno trascorso tra la sorridente ed
amichevole gente di Stone Town, tra passeggiate notturne nel centro cittadino e
aperitivi nei coffee houses sulla
spiaggia, mi sono spostata con i miei amici a Pongwe, la costa orientale
caratterizzata da spiaggie bianchissime, acque cristalline e affioramenti di
roccia corallina. Qui ho trascorso la mia prima settimana e lo spettacolo della
natura mi ha nutrito lo spirito al punto che ho persino perso la cognizione del
tempo.
Svegliarsi e fare colazione ogni mattina in riva al
mare era un’emozione intensa, perche’ ci si trovava di fronte ad un vero e proprio
spettacolo della natura, una natura selvaggia e incontaminata e sembrava quasi
di stare ancora a letto a sognare. Le spiaggie di Zanzibar offrono ovviamente anche
la possibilita’ di potersi immergere nel lusso sfrenato degli hotels, dove
rilassarsi in enormi piscine, aspettando l’alta marea, che sopraggiunge
puntuale ogni sei ore, per potersi poi tuffare nel mare trasparente.
Ma cosa si mangia e si beve sull’isola? La cucina e’
eterogenea, comprende vivande di varie paesi e include piatti di ispirazione Bantu,
Portoghese, Araba, Indiana. L’isola infatti e’ un calderone di diverse culture
e religioni, dove i Cristiani convivono con i Musulmani e gli Induisti, in modo
del tutto pacifico. L’isola e’ stata governata dagli Inglesi per molto tempo
per cui anche l’anglicanesimo e’ presente, e oltre le moschee di Stone Town,
impossibili da visitare previo invito da parte di un praticante musulmano, e’
possibile ammirare la maestosa chiesa anglicana, nel centro di Stone Town.
Ritornando alla cucina, e’ da far notare che i piatti
principali sono pertanto costituiti dai freschissimi frutti di mare, dal polpo,
dalle aragoste, dalle ostriche, dagli ortaggi di giornata, ma anche la carne
bovina e’ un ingrediente utilizzato in varie ricette. Risultato dell’influenza
inglese e tedesca e’, per esempio, la bistecca al pepe che viene spesso
accompagnata dalle patate, bollite o in purea.
Il riso e’ una costante della cucina di Zanzibar e si
ritrova in particolare nel pilau, un misto di riso, cocco, nocciole e spezie,
di origine araba. La samosa (triangoli di farina maida, fritti o al forno,
ripieni di patate generalmente, ma anche di lenticchie, cipolla, formaggio,
carne, e spezie, di solito leggermente piccante) e’ una delle pietanze piu’
gustose che io abbia mangiato, appartenente questa alla cucina indiana.
E’ facile trovare la samosa anche a Londra ma vi
assicuro che, consumata sulla spiaggia con una buona birra fredda, ha un sapore
del tutto speciale...E poi ancora da ricordare sono le patatine di manioca, le
patate dolci, i platani o banane da cottura, e il pesce (changu) fritto, di cui
penso di aver mangiato quantita’ infinite sulla spiaggia di Pongwe. Il nome
changu in Swahili da’ il nome all’isola Changuu Island, detta piu’ modernamente
Prison Island, che si riferisce alla funzione dell’isola come posto, destinato
in passato, a rinchiudere i prigionieri ribelli che venivano poi spediti
all’estero, o venduti al mercato degli schiavi di Stone Town.
Purtroppo durante la mia visita non ho avuto modo di
visitare Prison Island a causa del tempo piovoso ed impietoso della seconda
settimana, ma posso garantirvi che questa destinazione mancata e’ gia’ sulla
lista delle cose da fare nella mia prossima visita. Certo la mia fortuna e’
stata quella di essere stata guidata da gente del posto, per cui tutta la
vacanza e’ diventata piu’ facile e divertente. Ho avuto modo di fare delle
escursioni bellissime, sulle innumerevoli piccole isole che puntellano l’oceano
e ho persino dormito in una barca molto rudimentale, nel bel mezzo delle
notturne acque oceaniche, con tutte le difficolta’ logistiche che questa
inusuale esperienza comporta.
Un intero pomeriggio e’ stato dedicato alla scoperta
delle infinite spezie che colorano i succulenti piatti zanzibarini, e che
pullulano sull’isola. Le spezie, importate dall’India e da altre nazioni, hanno
trovato terreno fertile a Zanzibar, come mi ha spiegato la guida che ha
condotto la visita alla fattoria delle spezie. Che emozione e che sorpresa e’
stato indovinare, dal profumo, le singole spezie, alcune di queste racchiuse in
gusci dalle forme piu’ strane, che mai avrei associato al contenuto. Le spezie
erano numerose, tra le quali cardamomo, cannella, cacao, vaniglia, passando per
l’albero della henna e della fibra del cotone, per finire alle varie essenze di
te’.
La frutta tropicale a Zanzibar e’ succosa, dolce, matura
al punto giusto. Tra i vari frutti conosciuti, oltre ai gia’ popolari mango,
ananas, cocco, ho avuto modo di mangiare un frutto chiamato jackfruit, detto
giaca in italiano, che e’ il frutto nazionale del Bangladesh ma che cresce
abbondante a Zanzibar. E’ un misto di mela ed ananas che solo uno spirito
aperto alle novita’ riesce pienamente ad apprezzare!
Il costo di un pranzo a Zanzibar oscilla tra i 3 dollari
se si consuma cibo locale, ai 10 dollari se si consuma un pasto piu’
internazionale, per cui e’ conveniente assaggiare tutto cio’ che attira la
curiosita’ del viaggiatore.
Ma quali bevande vengono abbinate a questo cibo
saporitissimo? La birra e’ la bevanda piu’ diffusa, in particolare le birre
lager di cui la piu’ famosa e’ la birra Kilimangiaro, leggera e rinfrescante, o
la birra Safari, una pale lager prodotta a Dar Es Salaam, piu’ consistente
della Kilimagiaro, ma egualmente dissetante nel caldo estremo di Zanzibar. La
Tanzania e’ infatti, il sesto paese piu’
grande per consumo di birra pro-capite in Africa e il 90% delle birre vengono
prodotte localmente. Il vino e’ diffuso ma in minor misura rispetto alla birra
ed e’ principalmente importato dal Sud Africa; lo Chardonnay e lo Chenin Blanc
sono infatti i vini piu’ richiesti, perche’ si sposano benissimo coi piatti
locali, specialmente quelli a base di pesce. Lo Shiraz spumantizzato e lo Sparkling
del Sud Africa, fatto da Chenin Blanc, sono le bollicine usate durante le
cerimonie e i festeggiamenti, mentre non c’e’ traccia di Champagne o altri vini
spumanti da metodo tradizionale.
Forse una delle carte dei vini piu’ curata l’ho
consultata in un ristorante molto famoso che si chiama The Rock, dove un pasto
e’ relativamente costoso, rispetto alla media dei ristoranti di Zanzibar. Una
consumazione con primo o secondo piatto, dessert e caffe’ si aggira intorno ai
50 dollari, il tutto include pero’ una vista mozzafiato! La lista dei vini e’
monotematica perche’ comunque limitata ai vini del Sud Africa mentre il vino
europeo trova poco spazio, ma quantomeno quest’ultimo si assicura una certa allocazione,
contrariamente alla media dei ristoranti locali. Grazie al cielo, il tiramisu’
al cocco e la pasta, con un’ottima cottura e preparata in un’ordinata open
kitchen, hanno sicuramente toccato le corde del mio cuore...
La mia amica che vive a Zanzibar da due anni ha
sottolineato che inizia a notare l’apertura di negozi gastronomici e wine bars
dove sia il cibo che il vino europeo cominciano a farsi vedere sugli scaffali,
anche se a prezzi esorbitanti. Uno dei posti che mi ha particolarmente colpito,
infatti, per la varieta’ dei vini e delle birre e’ stato la Taperia Wine &
Tapas Bar, posto con cucina spagnola gestito da un signore olandese, con una
wine cellar adibita a saletta privata molto ben organizzata e dove gruppi
musicali rendono l’atmosfera serale molto gioiosa.
La salumeria che offre anche prodotti italiani di gran
rispetto e qualche vino italiano interessante e’ abbastanza costosa, ma e’ nata
ovviamente dalla necessita’ di soddisfare le esigenze dei turisti e degli
europei residenti. Se poi volete assaggiare uno dei migliori caffe’ fatti in
citta’ e dolcini preparati dalle signore africane, il posto dove andare e’
Zanzibar Coffee House dove ho pernottato per qualche notte, all’arrivo in
citta’, e dove ritornare sara’ per me un must.
Vorrei, a questo punto, fare qualche altra
considerazione sul vino italiano a Zanzibar. Il Prosecco e’ molto conosciuto e,
come raccontava la mia amica che vive a Zanzibar qualcosa comincia a muoversi
nel mercato del vino italiano, in riferimento ai vini fermi. Non conosco bene
le regole dell’importazione e le tasse, e non ho avuto modo di chiedere delle
informazioni a riguardo, ma sono sicura che ci sono dinamiche locali ben
precise da conoscere e rispettare per poter importare il vino dall’Europa.
Il Prosecco che ho visto primeggiare e’ il Bolla Extra
Dry mentre il vino fermo italiano l’ho incontrato di rado. Forse in futuro arriveranno
vini anche ‘top’ italiani in quanto gli hotel a 5 stelle non mancano, tra cui
il famoso Double Tree di Hilton che a Stone Town ha sede nel centro storico. Nell’hotel
la qualita’ del cibo e’ eccezionale, sebbene con impronta europea e sapori meno
accentuati rispetto al cibo locale, e la raffinatezza raggiunge il picco nella
selezione dei dolci, quasi tutti a base di frutta tropicale, non solo di
bell’aspetto ma gustosissimi.
Se poi vi va di mangiare una buona pizza italiana, vi
consiglio vivamente di andare a La Taverna dove, come in ogni posto a Zanzibar,
troverete molti italiani. La lista dei
vini della pizzeria include qualche vino italiano come Pinot Grigio, Lambrusco,
Chianti e Nero D’Avola, vini da prezzo, che gli italiani che frequentano il
posto sembravano apprezzare pienamente. Mi verrebbe da commentare..in tempo di
guerra! Gli italiani che abitano sull’isola sono una fetta consistente dei
residenti e l’italiano e’ una lingua conosciuta da molta gente del luogo, che
vive di turismo, che mai ha visitato l’Italia ma che e’ stata costretta ad
impararla per questioni di business, con ottimi risultati.
Difatti da sempre Zanzibar e’ meta usuale di turisti
italiani che ahime’ vedono poco dei posti dell’isola perche’ preferiscono
rimanere nei resorts, al riparo da pseudo-malattie e restii a volersi
avvicinare alla gente del posto.
Penso, invece, che una delle esperienze piu’
interessanti ed illuminanti che io abbia fatto durante la vacanza, sia stata la
visita ad un villagio, aiutata da un ragazzo del posto, e dove ho avuto modo di
vedere come si svolge la vita quotidiana dei zanzibarini. Ho potuto vedere i
piccoli bimbi del villaggio sorridere per una caramella data in regalo, ed un
ragazzo sordomuto meravigliarsi per una foto fatta col telefonino. Sono tutte
cose che noi, europei, diamo per scontato e che, invece, non lo sono affatto per
chi vive sulle coste dell’Africa. Una cosa e’ certa, i Zanzibarini vivono ogni
giorno delle piccole cose che la vita offre loro, prendono il meglio della vita
e aspettano, con pazienza certosina, l’alta marea per andare a pesca e sbarcare
il lunario.
Un’esperienza unica che mi ha fatto riflettere molto
sul significato della vita, e non e’ un luogo comune, e’ stato parlare con i
ragazzi del posto che sperano in una vita migliore, ma per questioni culturali
ed economiche, sono incapaci di metter in moto il meccanismo di cambiamento e
si lasciano impaurire dalla mancanza dei mezzi necessari per dare una svolta al
loro destino. Molti di quei ragazzi si trovano in una situazione di prigionia
mentale: da una parte, capiscono che il posto dove vivono non offre loro la
possibilita’ di una vita migliore, dall’altra parte, non riescono a trovare un
modo per sfuggire alla monotonia quotidiana. Eppure la maggior parte dei
ragazzi del posto parlano un ottimo inglese, hanno frequentato le scuole e le
universita’ e potrebbero trovare lavoro in qualsiasi parte del mondo, senza problemi.
La vacanza a Zanzibar e’ stata entusiasmante e la
prossima volta spero anche di poter fare il safari in Tanzania, esperienza, a
detta di amici, bellissima ma fisicamente stancante. Io questa volta avevo
voglia di rilassare la mente e il corpo, facendomi avvolgere dal calore del
sole e dell’amicizia autentica.
Unico avvertimento che sento di dover dare riguarda le
tempistiche africane: se pensate di ordinare del cibo, presi da un attacco di
fame improvvisa, dimenticatelo! Il cibo arriva in media dopo due ore
dall’ordinazione ma potrete riempire lo stomaco con un bel succo di anguria nel
frattempo, oppure, rimarrete sorpresi dallo scoprire che nei negozi i
proprietari e i commessi possono venir presi da improvvisi colpi di sonno e
ignorare la vostra presenza.
La filosofia dei zanzibarini e’ dunque chiara ed e’
racchiusa nella locuzione che ripetono imperterriti a loro stessi e ai turisti
impazienti: ‘pole pole’ che corrisponde al nostro ‘lentamente’. L’espressione
la dice lunga sul modus vivendi degli
Africani e si adatta alla lettera come mantra azzeccato per noi gente dell’estremo
Occidente, rapita dalla frenesia moderna e vittima di stress e malesseri fisici
e mentali.
E allora perche’ non pensare di abbandonare i ritmi
frenetici e tuffarsi spensierati nelle bollenti acque africane? Vi lascio con
piacere qualche dritta in caso decideste di trascorrere una vacanza strepitosa:
basta contattare la mia amica Simona Scanu che gestisce il resort Santa Maria
Coral Park a Pongwe.
Simona rispondera’ a tutte le vostre domande e
richieste, e vi aiutera’ ad organizzare escursioni da sogno. Il suo sito e’ www.islandexpeditions.net e i suoi contatti sono: info@santamaria-zanzibar.com Tel: +255 777 184 251 o anche 0039
392 253 8415.
Giusy Andreacchio