Ce ne dovrebbero essere tante di queste ‘winemakers’ dinners’ per
presentare e spiegare bene i vitigni
autoctoni italiani, nella loro piu’ alta espressione, ai consumatori inglesi
che, se non hanno la possibilita’ di viaggiare per l’Italia, possono facilmente
diventare ricettacolo di notizie che non corrispondono a verita’, parlando di
vini.
Mi spiego meglio.
Le regole del mercato UK sono spietate e col tempo hanno purtroppo
sacrificato molte denominazioni, alcune molto di nicchia, in nome del santo fatturato.
Questo e’ accaduto per esempio per il Prosecco, il Pinot Grigio, il Lambrusco e
altri vini e vitigni che sono stati presentati sotto una falsa veste per fare
contenti i proprietari dei pubs e delle grandi catene di negozi, ma hanno
totalmente distorto l’immagine del vino e del vitigno in questione.
In maniera meno prepotente, lo stesso e’ anche accaduto con la Barbera
(quella d’Asti in questo paese e’ meno famosa di quella d’Alba), un vino che da
sempre e’ stato presentato al consumatore come un vino giovane, da sbicchierare,
privo di grande struttura sebbene con un ottimo profilo sensoriale. Invece la
Barbera non e’ quello o meglio non e’ solo quello, perche’ se ci fermassimo ad
analizzare la Barbera d’Asti Superiore DOCG del Monferrato, realizzata
tradizionalmente e da mani esperte, allora avremmo modo di aprirci ad un mondo inesplorato.
Ricordo che durante la cena organizzata a The Petersham a Covent Garden, il
mese scorso, dove sono stata invitata per la seconda volta (devo essere stata
di buona compagnia la prima volta!), assaggiando in particolare l’annata 2004 di
Adornes (la prima bottiglia fu prodotta nel 1946) di Castello di Gabiano, sono
rimasta sbalordita e ai miei commensali, non ho esitato a confessare: ‘in una
degustazione alla cieca, sfido il piu’ grande degustatore di vino ad
individuare che si stia trattando di una Barbera 100%!’
Tale era la sua estrema eleganza, complessita’, la sua ancora viva e ben
presente acidita’. Adornes e’ un vino fatto col massimo rigore. Vengono
effettuati in vigna due diradamenti durante l’anno, uno a luglio per uniformare
i grappoli e il secondo ad agosto per ottenere la massima concentrazione delle
uve e un’alta qualita’.
La fermentazione avviene con lieviti autoctoni in vasche di cemento e tini
di rovere, e l’affinamento in barrique dura per 18 mesi, seguiti da ulteriori
12 mesi di affinamento in bottiglia. I vini vengono prodotti soltanto nelle
annate migliori.
La frutta matura era accompagnata da note balsamiche, avvolte in una
tessitura quasi oleosa che rendeva ogni
sorso sorgente di emozioni pure: un vino ‘divino’, un vino degno degli dei
oserei dire e spero di non risultare cosi’ troppo romantica...
Le note di cacao, frutti neri, liquirizia, granelli di caffe’ e stecche di
vaniglia creava in bocca un mix di raffinatezza e integrazione perfetta. E poi
l’abbinamento con la selezione di formaggio Tunworth, a base di latte di mucca,
Pecorino Toscano e Gorgonzola Dolce, serviti con crackers salati e purea di
susino selvatico... era proprio la ‘morte sua’..per dirlo in modo eloquente!
Quando si tratta dei piatti, bisogna dire che a The Petersham ci
sanno davvero fare...ed infatti il piatto principale della serata e’ stata una
delizia per il palato: arrosto di carne di cervo con pastinaca, scorzonera,
cavolo rosso e cipolla abbrustolita. Un piatto squisito che molto bene si e’
prestato al gioco di tre diverse annate di Barbera d’Asti: 2013, 2011 e 2010. L’annata
2013 mostrava spiccati sentori di frutti rossi che miravano verso frutta sotto
spirito, profumi di rosa canina e spezie dolci. L’acidita’ sempre presente, era
anzi il comune denominatore di tutte le annate assaggiate, dava l’effetto di
una bella bevibilita’ a questi vini invecchiati.
L’annata 2011 di Adornes e’ stata quella che mi ha particolarmente
affascinato perche’ oltre alla frutta aveva una sottile nota di affumicato che
lo rendeva molto esotico e particolare. Infine l’annata 2010, anche questa da
me apprezzata specialmente per la frutta dolce, i sentori di buccia di
mandarino e accenni di dattero fresco. Bello, fruttato ed equilibrato.
All’inizio della cena, siamo stati deliziati da un altro vino prodotto da
Castello di Gabiano: Rubino di Cantavenna DOC 2015, prodotto da Barbera (85%),
Freisa (10%) e Grignolino per il rimanente 5%. La resa delle uve e’ di 60
quintali per ettaro, ottenuti con una accurata selezione delle uve, che crescono
su terreni calcarei e di antico impianto. Da qui nascono vini di particolare
complessita’ e concentrazione. Il Rubino e’ un vino fresco, fruttato, morbido,
speziato, con quei tannini decisi tipici della Freisa e l’acidita’ tipica della
Barbera, ben amalgamati tra loro ed e’ risultato ottimo, servito in abbinamento
con agnolotti verdi con cime di rapa e ricotta di bufala.
Un’altra sorpresa della serata e’ stato la degustazione dello Chardonnay Castello 2014,
servitoci all’arrivo con crocchette di taleggio e salvia e meravigliosi
carciofi alla giudia. Un vino del quale la prima annata e’ stata il 2010,
fermentato in barrique, sottoposto a bâtonnage per nove mesi ed affinato in
bottiglia per un anno. Uno Chardonnay complesso ma anche fresco, con note di
miele e un delicato finale di limone che lasciava il palato pulito e predisposto
a bere subito un altro bicchiere. I vigneti si trovano a oltre 300 metri sul
livello del mare e la vendemmia viene effettuata tardi per dare maggiore
complessita’ al vino.
Ed e’ proprio mentre sorseggiavo lo Chardonnay che ho avuto il piacere di
conoscere il Marchese Giacomo Cattaneo Adorno, il quale ha dato inizio alla
cena descrivendo il territorio del Monferrato, con riferimenti storici all’azienda,
al territorio, alla storia, e ai vitigni padroni della zona: Barbera, Freisa e
Grignolino. Spero di avere modo di assaggiare un giorno il Grignolino in
purezza prodotto dal Castello di Gabiano, che spero anche un giorno di
visitare.
Infatti il Castello di Gabiano, che ha piu’ di mille anni di storia ed e’
patrimonio UNESCO, e’ una tenuta che si estende per 260 ettari, di cui 20
destinati a vigneto. Prende il nome da gabianum,
un possidente locale Gavius o Gabius, che
probabilmente in epoca imperiale installò nella piccola localita’ di Gabiano la
sua curtis, una specie
di grande fattoria agricola. La proprieta’ offre inoltre appartamenti dove
poter trascorrere vacanze di puro relax, tra passeggiate nel Parco,
intervallate dagli ottimi piatti serviti all’interno del ristorante del
Castello, dove la cucina e’ rigorosamente del territorio.
La DOC di Gabiano, tra le piu’ antiche e piccole d’Italia,
e’ davvero un gioiellino incastonato tra i grandi gioielli delle altre piu’
famose DOCG del Piemonte ma non per questo di minor peso, piuttosto un tesorino
tutto da scoprire e di cui facilmente innamorarsi.
Giusy Andreacchio