Tuesday 19 March 2019

Castello di Gabiano: un gioiellino nel cuore del Monferrato

Ce ne dovrebbero essere tante di queste ‘winemakers’ dinners’ per presentare e spiegare bene  i vitigni autoctoni italiani, nella loro piu’ alta espressione, ai consumatori inglesi che, se non hanno la possibilita’ di viaggiare per l’Italia, possono facilmente diventare ricettacolo di notizie che non corrispondono a verita’, parlando di vini.
Mi spiego meglio.
Le regole del mercato UK sono spietate e col tempo hanno purtroppo sacrificato molte denominazioni, alcune molto di nicchia, in nome del santo fatturato. Questo e’ accaduto per esempio per il Prosecco, il Pinot Grigio, il Lambrusco e altri vini e vitigni che sono stati presentati sotto una falsa veste per fare contenti i proprietari dei pubs e delle grandi catene di negozi, ma hanno totalmente distorto l’immagine del vino e del vitigno in questione.
In maniera meno prepotente, lo stesso e’ anche accaduto con la Barbera (quella d’Asti in questo paese e’ meno famosa di quella d’Alba), un vino che da sempre e’ stato presentato al consumatore come un vino giovane, da sbicchierare, privo di grande struttura sebbene con un ottimo profilo sensoriale. Invece la Barbera non e’ quello o meglio non e’ solo quello, perche’ se ci fermassimo ad analizzare la Barbera d’Asti Superiore DOCG del Monferrato, realizzata tradizionalmente e da mani esperte, allora avremmo modo di aprirci ad un mondo inesplorato.
Ricordo che durante la cena organizzata a The Petersham a Covent Garden, il mese scorso, dove sono stata invitata per la seconda volta (devo essere stata di buona compagnia la prima volta!), assaggiando in particolare l’annata 2004 di Adornes (la prima bottiglia fu prodotta nel 1946) di Castello di Gabiano, sono rimasta sbalordita e ai miei commensali, non ho esitato a confessare: ‘in una degustazione alla cieca, sfido il piu’ grande degustatore di vino ad individuare che si stia trattando di una Barbera 100%!’ 
Tale era la sua estrema eleganza, complessita’, la sua ancora viva e ben presente acidita’. Adornes e’ un vino fatto col massimo rigore. Vengono effettuati in vigna due diradamenti durante l’anno, uno a luglio per uniformare i grappoli e il secondo ad agosto per ottenere la massima concentrazione delle uve e un’alta qualita’.
La fermentazione avviene con lieviti autoctoni in vasche di cemento e tini di rovere, e l’affinamento in barrique dura per 18 mesi, seguiti da ulteriori 12 mesi di affinamento in bottiglia. I vini vengono prodotti soltanto nelle annate migliori.

La frutta matura era accompagnata da note balsamiche, avvolte in una tessitura quasi oleosa  che rendeva ogni sorso sorgente di emozioni pure: un vino ‘divino’, un vino degno degli dei oserei dire e spero di non risultare cosi’ troppo romantica...

Le note di cacao, frutti neri, liquirizia, granelli di caffe’ e stecche di vaniglia creava in bocca un mix di raffinatezza e integrazione perfetta. E poi l’abbinamento con la selezione di formaggio Tunworth, a base di latte di mucca, Pecorino Toscano e Gorgonzola Dolce, serviti con crackers salati e purea di susino selvatico... era proprio la ‘morte sua’..per dirlo in modo eloquente!

Quando si tratta dei piatti, bisogna dire che a The Petersham ci sanno davvero fare...ed infatti il piatto principale della serata e’ stata una delizia per il palato: arrosto di carne di cervo con pastinaca, scorzonera, cavolo rosso e cipolla abbrustolita. Un piatto squisito che molto bene si e’ prestato al gioco di tre diverse annate di Barbera d’Asti: 2013, 2011 e 2010. L’annata 2013 mostrava spiccati sentori di frutti rossi che miravano verso frutta sotto spirito, profumi di rosa canina e spezie dolci. L’acidita’ sempre presente, era anzi il comune denominatore di tutte le annate assaggiate, dava l’effetto di una bella bevibilita’ a questi vini invecchiati. 
L’annata 2011 di Adornes e’ stata quella che mi ha particolarmente affascinato perche’ oltre alla frutta aveva una sottile nota di affumicato che lo rendeva molto esotico e particolare. Infine l’annata 2010, anche questa da me apprezzata specialmente per la frutta dolce, i sentori di buccia di mandarino e accenni di dattero fresco. Bello, fruttato ed equilibrato.
All’inizio della cena, siamo stati deliziati da un altro vino prodotto da Castello di Gabiano: Rubino di Cantavenna DOC 2015, prodotto da Barbera (85%), Freisa (10%) e Grignolino per il rimanente 5%. La resa delle uve e’ di 60 quintali per ettaro, ottenuti con una accurata selezione delle uve, che crescono su terreni calcarei e di antico impianto. Da qui nascono vini di particolare complessita’ e concentrazione. Il Rubino e’ un vino fresco, fruttato, morbido, speziato, con quei tannini decisi tipici della Freisa e l’acidita’ tipica della Barbera, ben amalgamati tra loro ed e’ risultato ottimo, servito in abbinamento con agnolotti verdi con cime di rapa e ricotta di bufala.
Un’altra sorpresa della serata e’ stato la degustazione dello Chardonnay Castello 2014, servitoci all’arrivo con crocchette di taleggio e salvia e meravigliosi carciofi alla giudia. Un vino del quale la prima annata e’ stata il 2010, fermentato in barrique, sottoposto a bâtonnage per nove mesi ed affinato in bottiglia per un anno. Uno Chardonnay complesso ma anche fresco, con note di miele e un delicato finale di limone che lasciava il palato pulito e predisposto a bere subito un altro bicchiere. I vigneti si trovano a oltre 300 metri sul livello del mare e la vendemmia viene effettuata tardi per dare maggiore complessita’ al vino.


Ed e’ proprio mentre sorseggiavo lo Chardonnay che ho avuto il piacere di conoscere il Marchese Giacomo Cattaneo Adorno, il quale ha dato inizio alla cena descrivendo il territorio del Monferrato, con riferimenti storici all’azienda, al territorio, alla storia, e ai vitigni padroni della zona: Barbera, Freisa e Grignolino. Spero di avere modo di assaggiare un giorno il Grignolino in purezza prodotto dal Castello di Gabiano, che spero anche un giorno di visitare.

Infatti il Castello di Gabiano, che ha piu’ di mille anni di storia ed e’ patrimonio UNESCO, e’ una tenuta che si estende per 260 ettari, di cui 20 destinati a vigneto. Prende il nome da gabianum, un possidente locale Gavius o Gabius, che probabilmente in epoca imperiale installò nella piccola localita’ di Gabiano la sua curtis, una specie di grande fattoria agricola. La proprieta’ offre inoltre appartamenti dove poter trascorrere vacanze di puro relax, tra passeggiate nel Parco, intervallate dagli ottimi piatti serviti all’interno del ristorante del Castello, dove la cucina e’ rigorosamente del territorio.


La DOC di Gabiano, tra le piu’ antiche e piccole d’Italia, e’ davvero un gioiellino incastonato tra i grandi gioielli delle altre piu’ famose DOCG del Piemonte ma non per questo di minor peso, piuttosto un tesorino tutto da scoprire e di cui facilmente innamorarsi.

Giusy Andreacchio