Wednesday, 21 November 2018

I TERROIRS DELLA CALABRIA SVELATI

Versione italiana
C’e’ poco da dire…quando si parla della mia Calabria, mi emoziono sempre! E cosi’ e’ stato quando ho preso parte al tasting di vini calabresi che si e’ tenuto all’ultima edizione del Real Italian Wine and Food Tasting, con sede a Church House, vicino al maestoso Westminster, lo scorso 8 Novembre.

I produttori che hanno preso parte all’evento, patrocinati dalla Regione Calabria ospite d’onore all’evento, appartenevano a varie aree vitivinicole calabresi, designate con diverse denominazioni: dalla famosa appellazione del Ciro’ DOC (vi ricordo che non ci sono ancora DOCG nella regione), alla chicca del Greco di Bianco (nome del vino da non confondere con il nome del vitigno che e’ Greco Bianco), all’antica IGP Palizzi, o alla riablitata, dopo 50 anni, denominazione Terre di Gerace IGP, o ancora alla piu’ generica Calabria IGP.

La masterclass dal titolo ‘I terroirs della Calabria svelati’ e’ stato fatto con l’intento di far scoprire cio’ che la Calabria vinicola riesce a produrre e, attraverso i sette vini in degustazione, Richard Ballantyne Master of Wine ci ha fatto scoprire ed assaporare alcuni vitigni calabresi, presentandoli ad un pubblico di wine experts e operatori del settore. Lo stesso Richard ha sottolineato la versatilita’ del Gaglioppo che riesce ad esprimersi in diverse sfumature a seconda della zona e del metodo di vinificazione.
E’ stato scelto un vino rappresentativo, per azienda, che fosse espressione del terroir.




Richard ha iniziato con una breve introduzione sulla Calabria e ha condiviso con i presenti i dati relativi alla produzione di vini nella regione, alla localizzazione e dimensione delle varie appellazioni DOC e IGP (10 distretti). La produzione di vini DOC e’ la piu’ piccola e la piu’ fragmentata in Italia, con 9 denominazioni DOC e 12,000 ettari di superficie vitata ed e’ stato interessante fare un paragone col Barolo-la grandezza media di ogni Menzione e’ di 11 ettari quindi molto piu’ piccola della grandezza media di un cru del Barolo!

Abbiamo iniziato con il primo bianco, sebbene come risaputo, i bianchi non sono proprio il forte della Calabria, vera terra di rossi! Il primo bianco secco in degustazione e’ stato Janestra 2017, IGP Calabria, fatto da greco bianco e mantonico, e prodotto dall’azienda Viglianti. Un vino giovane, di facile beva e contenuto alcolico del 14%, con aromi di mandorle fresche e sapori di terra. Il mosto ha sicuramente beneficiato di una breve macerazione sulle bucce. Ho avuto modo di assaggiare qualche annata un po’ piu’ vecchia e ho avvertito un contenuto alcolico piu’ dominato, a vantaggio di predominanza di frutta piu' matura.





A seguire un vino che mi ha molto entusiasmato: l’unico Zibibbo secco fatto in Calabria, che ha riscosso molto successo in Italia e che ha trovato gia’ un distributore qui in UK. Il vino, delle Cantine Benvenuto (30,000 bottiglie), e’ prodotto da Giovanni, un giovane ed audace uomo che dall’Abruzzo si e’ trasferito a Francavilla Angitola per recuperare il patrimonio agricolo del nonno. Al naso i profumi tipici e inconfondibili del Moscato di Alessandria (o Zibibbo come lo si voglia chiamare) e in bocca molto armonico, con gusto persistente e ottima acidita’ tanto da far pensare a Richard che l’uva fosse stata raccolta un po’ prima per mantenere la freschezza del vino. Giovanni ha inoltre realizzato delle etichette bellissime, molto moderne e raffinate che non e’ facile di solito trovare sulle bottiglie calabresi...

Dai bianchi siamo passati al primo rosso in degustazione: un blend di Greco Nero (70%) e Nerello Mascalese (30%), prodotto dall’azienda Barone Macri’ a Gerace e per questo denominato Terre di Gerace. L’aziende possiede 56 ettari e include la produzione di olio e altri prodotti alimentari, utilizzate nel ristorante all’interno dell’agriturismo che si affaccia sulla costa ionica. Il 2017 e’ un rosso fresco, con aromi di frutta rossa, in particolare fragole, bacche rosse e ben bilanciato, perfetto da sbicchierare all’inizio di un pasto.


Dopo questo vino, abbiamo assaggiato un rosso Palizzi IPG 2016 (70% Nerello Mascalese e 30% Calabrese) prodotto dall’azienda Altomonte, con sentori di frutti neri come mirtilli, more di rovo, lamponi miste a sentori di legno (il vino e’ affinato in barrique per 1 anno), vaniglia, e un contenuto alcolico intorno a 14.5%. Antonino Altomonte e’ determinato a continuare la tradizione di coltivare vitigni centennali in questa antichissima zona della provincia di Reggio Calabria.
A seguire, due versioni del re dei vitigni calabresi: il Gaglioppo.

E’ stato illuminante mettere a confronto: Principe Spinelli IGP 2017 della Tenuta Iuzzolini e Piu’ Vite Ciro’ Rosso Riserva 2012 di Sergio Arcuri. Il primo presentava un colore rubino forte, pieno in bocca e rotondo. Molto azzeccato per il palato internazionale e diametralmente opposto al secondo vino in degustazione, prodotto da Sergio Arcuri. 


Piu’ Vite e’ un vino che parla di territorio e ha colpito tutti durante la masterclass, facendo innamorare Richard che non ha esitato ad esaltare questo vino e a decantarne le qualita’.
Un colore identificabile col vitigno Nebbiolo, color mattone scarico, tipico del Gaglioppo, che poteva essere in effetti essere indicativo di  un vino molto piu’ vecchio. Al palato, ovviamente il paragone col Nebbiolo non teneva piu’perche’ la quantita’ dei tannini non era sufficiente a farlo passare per il vitigno piemontese...ma rivelava invece la bellezza del Gaglioppo-sentori terziari di ciliegie sotto spirito, liquorizia, spezie, note di pelle, il tutto condito da un’acidita’ ben presente. 
Organico, come tutta la produzione di Arcuri, fatto da vitigni coltivati ad alberello, fermentato in vasche di cemento aperte e quattro anni di sosta in cemento chiuso, seguito da un periodo di affinamento in bottiglia. La Riserva e’ una produzione molto piccola e rilasciata solo nelle annate migliori.
Un Ciro’ vera espressione del territorio e del metodo di fare vino in Calabria proprio come facevano i nostri antenati: un vino esemplare! Arcuri produce anche la versione del Ciro’ Classico e il Rosato, anche questo di Gaglioppo in purezza, che insieme alla Riserva, completano la sua gamma e si sono accaparrati i complimenti dei partecipanti. 


La masterclass si e’ conclusa con una chicca: il Greco di Bianco, vino passito dell’azienda Dioscuri che e’ uno dei pochi produttori di Greco di Bianco (ce ne saranno al massino cinque o sei di produttori) e che possiede un piccolo ettaro a Bianco. La tipica bottiglia del Greco di Bianco e’ l’anfora che ci riporta al passato ed il vino e’ prodotto da Greco Bianco lasciato appassire all’ombra, viste le alte temperature calabresi, e poi processato e maturato per tredici mesi in barrique ed ulteriori tredici mesi in bottiglia, per ottenere un vino dessert da invecchiamento.
L’annata assaggiata era un 2009 e quindi un esempio calzante per dimostrare quanto sia nesessario attendere per poter dare la possibilita’ al vino di esprimere la sua complessa personalita’. Datteri, fichi secchi, mandorle tostate, caramello, un residuo zuccherino pari a 120gr/l e una buona acidita’ erano i tratti salienti del vino che lo rendono perfetto in abbinamento ai biscotti di mandorle e alla pasticceria secca calabrese.


Gli ospiti hanno poi potuto continuare la degustazione dell’intera gamma proposta dalle aziende calabresi sia di vino che di cibo e raccogliere le informazioni direttamente dai produttori, venuti ad esplorare il difficile, complicato, competitivo, saturo e chi piu’ ne ha piu’ ne metta, ma assolutamente affascinante, mercato del vino italiano in UK!


Tuesday, 20 November 2018

CALABRIA'S TERROIRS UNVEILED

There is little to say ... when the topic is my Calabria, I always get excited! And so I was when I took part in the tasting of Calabrian wines that was held at the latest edition of the Real Italian Wine and Food Tasting, in Church House, near the majestic Westminster, last November 8th.
The producers who took part in the event, sponsored by the Calabria Region, guest of honour at the event, belonged to various Calabrian wine areas, designated by different names: from the famous Ciro’ DOC appellation (I remind you that there are no DOCGs yet in the region), to the niche and chic appellation of Greco di Bianco (name of the DOC, not to be confused with the name of the Greco Bianco grape variety), to the ancient IGP Palizzi, or to the re-activated, after 50 years, IGP named Terre di Gerace, or the more generic Calabria IGP.

The masterclass entitled 'Calabria's terroirs unveiled' was made with the intent of discovering what Calabria region can produce and, through the seven wines shown at the tasting, Richard Ballantyne Master of Wine made us discover and savour some Calabrian vines, presenting them to an audience of wine experts and operators in the sector.
Richard himself emphasized the versatility of Gaglioppo, which is able to express itself in different shades depending on the area of production and the winemaking method used.
A representative wine was chosen, per each winery, that was a truly expression of the terroir.


Richard began with a brief introduction on Calabria and shared with the presents some data on the production of wines in the region, the location and size of the various appellations DOC and IGP (10 districts). The production of DOC and IGT wines is the smallest and the most fragmented in Italy, with 9 DOC denominations and 12,000 hectares of vineyard area and it was interesting to listen to a comparison with Barolo - the average size of each Menzione is 11 hectares so smaller than the average cru of Barolo!

We started with the first white, although as it is well known, the whites are not really the strength of Calabria really a land of reds! The first dry white in the tasting was Janestra 2017, IGP Calabria, made from greco bianco and mantonico, and produced by the Viglianti winery.
A young wine, easy to drink and with a 14% alcohol content, with aromas of fresh almonds and earthy flavours. The must certainly benefited from a short maceration on the skins. I had the opportunity to taste some older vintages of this wine and I must admit that the alcohol was less dominant for the benefit of a greater predominance of riper fruit.



This was followed by a wine that has greatly impressed me: the only Dry Zibibbo made in Calabria, which has been very successful in Italy and has already found a distributor here in the UK. The wine, of the Cantine Benvenuto (30,000 bottles), is produced by Giovanni, a young and bold man who has moved from Abruzzo to Francavilla Angitola to recover his grandfather's agricultural heritage. 
On the nose the typical and unmistakable aromas of Muscat of Alexandria (or Zibibbo as you want to call it) and very harmonious in the mouth, with a persistent taste and excellent acidity so much to make Richard think that the grapes had been harvested a little earlier to maintain the freshness of the wine. Giovanni has also created beautiful, very modern and refined labels that it is not easy to usually find on Calabrian bottles ...

From the whites, we went on to the first red wine: a blend of Greco Nero (70%) and Nerello Mascalese (30%), produced by Barone Macri ' in Gerace and for this reason called Terre di Gerace. The company owns 56 hectares and includes the production of oil and other food products, used in the restaurant inside the farmhouse overlooking the Ionian coast. The 2017 is a fresh red, with aromas of red fruit, especially strawberries, red berries and well balanced, perfect for sipping at the start of a meal.

After this wine, we tasted a red Palizzi IPG 2016 (70% Nerello Mascalese and 30% Calabrese) produced by the the Azienda Agricola Altomonte, with hints of black fruits like blueberries, blackberries, raspberries mixed with hints of wood (the wine is aged in barriques for 1 year), vanilla, and a high alcohol content, around 14.5%. Antonino Altomonte is determined to continue the tradition of cultivating the gratfs of centennial vines in this ancient area of ​​the province of Reggio Calabria.
Following this, we had two versions of the ‘king’ among the Calabrian vines: Gaglioppo.
It was enlightening to compare Gaglioppo IGT Principe Spinelli IGP 2017 of Tenuta Iuzzolini and Piu’ Vite Ciro' Rosso Riserva 2012 by Sergio Arcuri. The first presented a strong ruby colour, full in the mouth and round. Very apt for the international palate and diametrically opposed to the second wine tasted, produced by Sergio Arcuri.



Piu’Vite is a wine that speaks of the territory and hit everyone during the master class, making Richard fall in love with him so much that he did not hesitate to exalt this wine and extoll its qualities.
An identifiable colour with the Nebbiolo grape, a faded brick colour, typical of Gaglioppo, which could in fact be indicative of a much older wine. On the palate, of course, the comparison with Nebbiolo no longer held because 'the amount' of tannins was not enough to make it through the Piedmontese grape variety ... but revealed instead the beauty of Gaglioppo-tertiary scents of cherries in spirit, liquorice, spices, notes of leather, all seasoned with a quite bold acidity.
Organic, like all the production of Arcuri, made from bush vines cultivated, fermented in open cement tanks where it stayed for 4 years, followed by one year of ageing in bottle. The Riserva represents a very small production and it is released only in the best vintages.
A Ciro’ true expression of the territory and witness of the method of making wine in Calabria just like our ancestors did: an exemplary wine! Arcuri also produces the version of Ciro 'Classico and Rosato, also using the Gaglioppo grapes in purezza, which together with the Riserva, complete its range and made him grab the compliments of the participants.


The masterclass ended with a treat: Greco di Bianco, a passito wine from the Dioscuri winery that is one of the few producers of Greco di Bianco (there must be only five or six producers) and that owns a small hectare in Bianco.
The typical bottle of Greco di Bianco is the amphora that brings us back to the past and the wine is produced by Greco Bianco, left to dry in the shade, given the high Calabrian temperatures, and then processed and matured for thirteen months in barrique and a further thirteen months in bottle, to produce a dessert wine, good for ageing.
The vintage tasted was a 2009 and therefore a great example to show how important it is to wait to be able to give the wine the possibility to express its complex personality. Dates, dried figs, toasted almonds, caramel, a residual sugar content of 120 gr/l and a good acidity were the salient features of the wine that make it perfect in combination with almond biscuits and Calabrian dry pastries.


The guests were then able to continue the tasting of the entire range proposed by the Calabrian wine and food companies and could gather the information directly from the producers, who came to explore the difficult, complicated, competitive, saturated and you name it, but absolutely fascinating, market of Italian wines in the UK!




Wednesday, 7 November 2018

ENGLISH VERSION

A vibrant evening full of special bubbles

When I received the invitation from my ex-colleague Arabella to take part in an evening of Ferrari sparkling wines tasting, I was very happy to participate. For various reasons: one, because I was pleased to see my colleague again after a long time; two, because it was roughly 10 years since I had tasted the Ferrari wines and three because I'm in a phase where I rejoice to meet new people and savour their company.The tasting evening went well beyond all expectations: it turned out, in fact, a very entertaining evening, with very nice people and full of positivity and sharing. To season it all with his immense charisma and with his great sense of involvement was Dean Lapthorne, the export manager of the Trentino winery, of Australian origin that, solar like all Australians in general, described the Ferrari wines with his genuine smile and a disarming cheerfulness.


The tasting was organized by Petersham Cellars, a company founded in 2013 to promote hand-picked Italian wines by Laura Boglione and her husband, Giovanni Mazzei, with the aim of taking care of the menu and wine lists of all the Petersham restaurants as well as managing a prominent wine club. The wines are available within the Delicatessen located in the heart of Covent Garden as well as via the Petersham Cellar website.

It is in the Delicatessen that every Thursday tasting evenings are organized that are inscribed in the project of their wine club, and coordinated by Leo Cappelletto, operations and events manager of the company. I had the opportunity to sit next to Leo during dinner and he himself described the various activities organized by the company and the future program, which includes even the creation of a sales team specialized in the sale of wines to the London restaurants.



The Ferrari dinner included five sparkling wines, some of the bottles available for purchase for the guests and was held on October 23rd. Sponsored by Enotria, the official distributor of the winery in the UK and represented by Erica Parisi, the evening opened with an aperitif based on Perlรฉ 2012, matched with Falmouth oysters with Amalfi lemons and Portland crab bruschetta. 
It is undoubted to say that the Perlรฉ, 100% Chardonnay, was an excellent introduction to the denomination Trento DOC. Ferrari have presented their Trento DOC sparkling wines to the global stage and they have been received with open arms; quite an accomplishment for such a small, under-the-radar appellation.
The Perlรฉ vintage 2012, disgorged after five years on the yeasts, is strongly expressive of the Chardonnay vine imported from France, when Mr. Giulio Ferrari returning from Montpellier had the intuition of being able to create Italian sparkling wines that could be considered as important as Champagnes.

We then moved on to Perle 'Nero 2009, obtained by Pinot Nero and no dosage, six years on the yeasts, with a good olfactory complexity and intensity on the palate, toasted notes and tastiness that suited the Orkney scallops on the grill with side dish of San Daniele ham.

After this introduction, we moved on to the moment that I would call the heart of the dinner with 3 vintages of Giulio Ferrari Riserva del Fondatore, composed of 100% Chardonnay, two vintages, the 2005 and the 1995, not on sale on the market. Dean has wisely conducted us through the tasting of three vintages: 2007, 2005 and 1995.



The 2007, put on the market only last month after 10 years on yeasts, and as it is well known not released every year but only in years considered important, has registered considerable interest among the guests. Of this vintage, 32,000 bottles were placed on the market and it was surprising to note incredibly liveliness and gushing acidity. If I had to use an adjective to define it, it would certainly be: harmonious. 
It has been paired with saffron gnocchi with Cornish mussels and nasturtium, an ornamental and edible plant, native to South America.



It would be interesting to taste it again in 20 years to see how its ripened fruit, with hints of summer fruit, would mix even more 'to its fresh acidity' and then savour the result!
The 2005 was a revelation for me: a nose with notes of smoke, catchy and a palate that I defined with a single adjective: exotic. A sparkling wine with a strong character and very distinctive aromas, reminiscent of exotic fruits, spices and an unmistakable taste, I would dare to say unique.

The 1995 followed this: a classic sparkling wine of all respect, buttery and very yeasty would be defined by the English, mixed with minerals and toasted notes and a long and persistent finish, especially considering its venerable age. If I had to use an adjective for 1995 it would be: majestic.

Both 2007 and 1995 were paired with another exquisite dish, a Cornish turbot fillet with langoustines, autumn tomatoes, aioli and oregano. A substantial dish to support the complexity of the two sparkling wines. 

I felt privileged to have been able to taste these precious and unobtainable vintages and I returned home happy to have spent an entertaining, joyful and vibrant evening just like the bubbles that accompanied it. In summary, this evening appropriately echoes a famous Italian brand line: Ferrari does things right!




Una serata vibrante all’insegna di bollicine speciali
Quando mi e’ arrivato l’invito dalla mia ex-collega Arabella a prendere parte ad una serata di degustazione di spumanti Ferrari, sono stata molto felice di parteciparvi. Per vari motivi: uno, perche’ mi faceva piacere rivedere la mia collega dopo tanto tempo; due, perche’ erano forse 10 anni e passa che non assaggiavo i vini Ferrari e tre perche’ sono in una fase in cui gioisco di fare la conoscenza di persone nuove e assaporarne la loro compagnia.
La serata di degustazione e’ andata ben oltre qualsiasi aspettativa: si e’ rivelata, infatti, una serata molto divertente, con persone molto simpatiche e carica di positivita’ e di condivisione. A condire il tutto con il suo immenso carisma e col suo gran senso di coinvolgimento e’ stato Dean Lapthorne, l’export manager della cantina trentina, di origine australiana che, solare come tutti gli australiani in genere, ha raccontato i vini Ferrari sfoderando un sorriso genuino ed un’allegria disarmante.



Il tasting e’ stato organizzato da Petersham Cellars, azienda nata nel 2013 per promuovere il vino italiano, fondata da Laura Boglione e suo marito, Giovanni Mazzei, con l’intento di curare il menu’ e le wine lists di tutti i ristoranti firmati Petersham Nurseries.  La cantina e’ disponibile all’interno della Delicatessen che si trova nel cuore di Covent Garden. E’ qui che ogni giovedi’ vengono organizzate  delle serate di degustazione che si inscrivono nel progetto del loro wine club, e coordinate  da Leo Cappelletto, operations and events manager dell’azienda. Ho avuto modo di sedere accanto a Leo durante la cena ed e’ stato lui stesso a descrivere le varie attivita’ organizzate dall’azienda e il programma futuro, che comprende persino la creazione di un sales team specializzato nella vendita dei vini alla ristorazione londinese.


La cena di Ferrari comprendeva cinque spumanti, alcune delle bottiglie disponibili all’acquisto per i commensali e si e’ tenuta il 23 Ottobre scorso. Patrocinata da Enotria, distributore ufficiale della cantina in UK, e rappresentata da Erica Parisi, la serata si e’ aperta con un aperitivo a base di Perle’ 2012 accostato a ostriche di Falmouth con limoni di Amalfi e bruschetta di granchio di Portland. 
E’ indubbio dire che il Perle’, Chardonnay in purezza, e’ un’ottima introduzione alla denominazione Trento DOC o, Pardon meglio dire, agli Spumanti Ferrari che hanno aperto il varco alla denominazione Trento DOC nel mondo. Il Perle’ annata 2012, sboccato dopo cinque anni sui lieviti, e’ fortemente espressivo del vitigno Chardonnay importato dalla Francia quando il signor Giulio Ferrari, di ritorno da Montpellier, ebbe l’intuizione di poter creare degli spumanti italiani che potessero essere considerati importanti tanto quanto gli champagnes.


Dal 2012 siamo poi passati al Perle’ Nero 2009, ottenuto da Pinot Nero e pas dose’, sei anni sui lieviti, di buona complessita’ olfattiva e intensita’ al palato, note tostate e sapidita’ che ben si adattavano alle capesante di Orkney alla griglia con contorno di Prosciutto San Daniele.
Dopo questa introduzione, siamo passati al momento che definirei hot della cena con 3 annate di Giulio Ferrari Riserva del Fondatore, composto da 100% Chardonnay, due annate delle quali non in vendita sul mercato. Dean ci ha sapientemente condotto attraverso la degustazione di tre annate: 2007, 2005 e 1995.


Il 2007, messo sul mercato solo il mese scorso dopo 10 anni sui lieviti, e come risaputo non rilasciato ogni anno ma solo in annate considerate importanti, ha registrato un notevole interesse tra i commensali. Di questa annata sono state immesse sul mercato 32,000 bottiglie ed e’ stato sorprendente notare la vivacita’ dello spumante e la sua ancora zampillante acidita’. Se dovessi utilizzare un aggettivo per definirlo sarebbe sicuramente: armonioso. E’ stato messo in abbinamento con gnocchi allo zafferano con cozze della Cornovaglia e nasturzio, una pianta ornamentale e commestibile, originaria del Sud America.



Sarebbe interessante assaggiarlo di nuovo tra 20 anni per vedere come la sua frutta matura ai sentori di frutti estivi, si riesca ad amalgamare ancora di piu’ alla sua fresca acidita’ e assaporarne quindi il risultato!
Il 2005 per me e’ stata una rivelazione: un naso con note di fumo, accattivante e un palato che ho definito con un unico aggettivo: esotico. Uno spumante dal carattere deciso e note molto distintive reminiscenti di frutti esotici, spezie e un gusto inconfondibile, oserei dire unico.
A seguire l’annata 1995: uno champagne classico di tutto rispetto, buttery and very yeasty lo definirebbe un inglese, misto a note minerali e tostate ed un finale lungo e persistente, soprattutto se si tiene in considerazione la sua veneranda eta’. Se dovessi utilizzare un aggettivo per il 1995 sarebbe: maestoso.
Sia il  2007 che il 1995 sono stati abbinati ad un altro squisito piatto, ossia un filetto di rombo della Cornovaglia con scampi, pomodori autunnali, salsa aioli e origano. Un piatto sostanzioso per sostenere la complessita’ dei due spumanti. 



Mi sono sentita privilegiata per aver potuto assaggiare queste annate cosi’ pregiate e introvabili e sono tornata a casa contenta di aver trascorso una serata allegra, gioiosa e vibrante proprio come le bollicine che la hanno accompagnata....ogni dettaglio marketing e’ stato curato alla perfezione e รงa va sans dire, riecheggiando una famosa pubblicita’ italiana, che: Ferrari fa le cose per bene!




Saturday, 17 March 2018


VIAGGIO NELLA SPICE ‘ISLAND’ A RIDOTTO CONTENUTO ALCOLICO
Se qualcuno nel passato mi avesse detto che un giorno sarei andata in Africa, io non ci avrei creduto nemmeno per un secondo. Ed invece l’amore per una mia cara amica, che ha convolato a nozze con un uomo del posto, mi ha portato a trascorrere quindici giorni splendidi sull’isola delle spezie: Zanzibar!
E’ una isola dell’Oceano Indiano, distante 50 km dalla terraferma, la Tanzania, situata nella parte orientale dell’Africa. La capitale, Stone Town, citta’ di pietra in inglese in riferimento alle pietre locali che rivestono gli edifici, mentre in swahili il nome indica la citta’ vecchia, e’ un posto molto suggestivo, con stradine che si incrociano e che rendono impossibile il passaggio delle automobili. E’ una citta’ colorata, multirazziale, tranquilla e cosi’ antica da meritarsi il riconoscimento di essere patrimonio dell’Unesco.
Dopo qualche giorno trascorso tra la sorridente ed amichevole gente di Stone Town, tra passeggiate notturne nel centro cittadino e aperitivi nei coffee houses sulla spiaggia, mi sono spostata con i miei amici a Pongwe, la costa orientale caratterizzata da spiaggie bianchissime, acque cristalline e affioramenti di roccia corallina. Qui ho trascorso la mia prima settimana e lo spettacolo della natura mi ha nutrito lo spirito al punto che ho persino perso la cognizione del tempo.
Svegliarsi e fare colazione ogni mattina in riva al mare era un’emozione intensa, perche’ ci si trovava di fronte ad un vero e proprio spettacolo della natura, una natura selvaggia e incontaminata e sembrava quasi di stare ancora a letto a sognare. Le spiaggie di Zanzibar offrono ovviamente anche la possibilita’ di potersi immergere nel lusso sfrenato degli hotels, dove rilassarsi in enormi piscine, aspettando l’alta marea, che sopraggiunge puntuale ogni sei ore, per potersi poi tuffare nel mare trasparente.
Ma cosa si mangia e si beve sull’isola? La cucina e’ eterogenea, comprende vivande di varie paesi e include piatti di ispirazione Bantu, Portoghese, Araba, Indiana. L’isola infatti e’ un calderone di diverse culture e religioni, dove i Cristiani convivono con i Musulmani e gli Induisti, in modo del tutto pacifico. L’isola e’ stata governata dagli Inglesi per molto tempo per cui anche l’anglicanesimo e’ presente, e oltre le moschee di Stone Town, impossibili da visitare previo invito da parte di un praticante musulmano, e’ possibile ammirare la maestosa chiesa anglicana, nel centro di Stone Town.
Ritornando alla cucina, e’ da far notare che i piatti principali sono pertanto costituiti dai freschissimi frutti di mare, dal polpo, dalle aragoste, dalle ostriche, dagli ortaggi di giornata, ma anche la carne bovina e’ un ingrediente utilizzato in varie ricette. Risultato dell’influenza inglese e tedesca e’, per esempio, la bistecca al pepe che viene spesso accompagnata dalle patate, bollite o in purea.
Il riso e’ una costante della cucina di Zanzibar e si ritrova in particolare nel pilau, un misto di riso, cocco, nocciole e spezie, di origine araba. La samosa (triangoli di farina maida, fritti o al forno, ripieni di patate generalmente, ma anche di lenticchie, cipolla, formaggio, carne, e spezie, di solito leggermente piccante) e’ una delle pietanze piu’ gustose che io abbia mangiato, appartenente questa alla cucina indiana.
E’ facile trovare la samosa anche a Londra ma vi assicuro che, consumata sulla spiaggia con una buona birra fredda, ha un sapore del tutto speciale...E poi ancora da ricordare sono le patatine di manioca, le patate dolci, i platani o banane da cottura, e il pesce (changu) fritto, di cui penso di aver mangiato quantita’ infinite sulla spiaggia di Pongwe. Il nome changu in Swahili da’ il nome all’isola Changuu Island, detta piu’ modernamente Prison Island, che si riferisce alla funzione dell’isola come posto, destinato in passato, a rinchiudere i prigionieri ribelli che venivano poi spediti all’estero, o venduti al mercato degli schiavi di Stone Town.
Purtroppo durante la mia visita non ho avuto modo di visitare Prison Island a causa del tempo piovoso ed impietoso della seconda settimana, ma posso garantirvi che questa destinazione mancata e’ gia’ sulla lista delle cose da fare nella mia prossima visita. Certo la mia fortuna e’ stata quella di essere stata guidata da gente del posto, per cui tutta la vacanza e’ diventata piu’ facile e divertente. Ho avuto modo di fare delle escursioni bellissime, sulle innumerevoli piccole isole che puntellano l’oceano e ho persino dormito in una barca molto rudimentale, nel bel mezzo delle notturne acque oceaniche, con tutte le difficolta’ logistiche che questa inusuale esperienza comporta.
Un intero pomeriggio e’ stato dedicato alla scoperta delle infinite spezie che colorano i succulenti piatti zanzibarini, e che pullulano sull’isola. Le spezie, importate dall’India e da altre nazioni, hanno trovato terreno fertile a Zanzibar, come mi ha spiegato la guida che ha condotto la visita alla fattoria delle spezie. Che emozione e che sorpresa e’ stato indovinare, dal profumo, le singole spezie, alcune di queste racchiuse in gusci dalle forme piu’ strane, che mai avrei associato al contenuto. Le spezie erano numerose, tra le quali cardamomo, cannella, cacao, vaniglia, passando per l’albero della henna e della fibra del cotone, per finire alle varie essenze di te’.
La frutta tropicale a Zanzibar e’ succosa, dolce, matura al punto giusto. Tra i vari frutti conosciuti, oltre ai gia’ popolari mango, ananas, cocco, ho avuto modo di mangiare un frutto chiamato jackfruit, detto giaca in italiano, che e’ il frutto nazionale del Bangladesh ma che cresce abbondante a Zanzibar. E’ un misto di mela ed ananas che solo uno spirito aperto alle novita’ riesce pienamente ad apprezzare!
Il costo di un pranzo a Zanzibar oscilla tra i 3 dollari se si consuma cibo locale, ai 10 dollari se si consuma un pasto piu’ internazionale, per cui e’ conveniente assaggiare tutto cio’ che attira la curiosita’ del viaggiatore.
Ma quali bevande vengono abbinate a questo cibo saporitissimo? La birra e’ la bevanda piu’ diffusa, in particolare le birre lager di cui la piu’ famosa e’ la birra Kilimangiaro, leggera e rinfrescante, o la birra Safari, una pale lager prodotta a Dar Es Salaam, piu’ consistente della Kilimagiaro, ma egualmente dissetante nel caldo estremo di Zanzibar. La Tanzania e’  infatti, il sesto paese piu’ grande per consumo di birra pro-capite in Africa e il 90% delle birre vengono prodotte localmente. Il vino e’ diffuso ma in minor misura rispetto alla birra ed e’ principalmente importato dal Sud Africa; lo Chardonnay e lo Chenin Blanc sono infatti i vini piu’ richiesti, perche’ si sposano benissimo coi piatti locali, specialmente quelli a base di pesce. Lo Shiraz spumantizzato e lo Sparkling del Sud Africa, fatto da Chenin Blanc, sono le bollicine usate durante le cerimonie e i festeggiamenti, mentre non c’e’ traccia di Champagne o altri vini spumanti da metodo tradizionale.
Forse una delle carte dei vini piu’ curata l’ho consultata in un ristorante molto famoso che si chiama The Rock, dove un pasto e’ relativamente costoso, rispetto alla media dei ristoranti di Zanzibar. Una consumazione con primo o secondo piatto, dessert e caffe’ si aggira intorno ai 50 dollari, il tutto include pero’ una vista mozzafiato! La lista dei vini e’ monotematica perche’ comunque limitata ai vini del Sud Africa mentre il vino europeo trova poco spazio, ma quantomeno quest’ultimo si assicura una certa allocazione, contrariamente alla media dei ristoranti locali. Grazie al cielo, il tiramisu’ al cocco e la pasta, con un’ottima cottura e preparata in un’ordinata open kitchen, hanno sicuramente toccato le corde del mio cuore...
La mia amica che vive a Zanzibar da due anni ha sottolineato che inizia a notare l’apertura di negozi gastronomici e wine bars dove sia il cibo che il vino europeo cominciano a farsi vedere sugli scaffali, anche se a prezzi esorbitanti. Uno dei posti che mi ha particolarmente colpito, infatti, per la varieta’ dei vini e delle birre e’ stato la Taperia Wine & Tapas Bar, posto con cucina spagnola gestito da un signore olandese, con una wine cellar adibita a saletta privata molto ben organizzata e dove gruppi musicali rendono l’atmosfera serale molto gioiosa.
La salumeria che offre anche prodotti italiani di gran rispetto e qualche vino italiano interessante e’ abbastanza costosa, ma e’ nata ovviamente dalla necessita’ di soddisfare le esigenze dei turisti e degli europei residenti. Se poi volete assaggiare uno dei migliori caffe’ fatti in citta’ e dolcini preparati dalle signore africane, il posto dove andare e’ Zanzibar Coffee House dove ho pernottato per qualche notte, all’arrivo in citta’, e dove ritornare sara’ per me un must.
Vorrei, a questo punto, fare qualche altra considerazione sul vino italiano a Zanzibar. Il Prosecco e’ molto conosciuto e, come raccontava la mia amica che vive a Zanzibar qualcosa comincia a muoversi nel mercato del vino italiano, in riferimento ai vini fermi. Non conosco bene le regole dell’importazione e le tasse, e non ho avuto modo di chiedere delle informazioni a riguardo, ma sono sicura che ci sono dinamiche locali ben precise da conoscere e rispettare per poter importare il vino dall’Europa.
Il Prosecco che ho visto primeggiare e’ il Bolla Extra Dry mentre il vino fermo italiano l’ho incontrato di rado. Forse in futuro arriveranno vini anche ‘top’ italiani in quanto gli hotel a 5 stelle non mancano, tra cui il famoso Double Tree di Hilton che a Stone Town ha sede nel centro storico. Nell’hotel la qualita’ del cibo e’ eccezionale, sebbene con impronta europea e sapori meno accentuati rispetto al cibo locale, e la raffinatezza raggiunge il picco nella selezione dei dolci, quasi tutti a base di frutta tropicale, non solo di bell’aspetto ma gustosissimi.
Se poi vi va di mangiare una buona pizza italiana, vi consiglio vivamente di andare a La Taverna dove, come in ogni posto a Zanzibar, troverete molti italiani.  La lista dei vini della pizzeria include qualche vino italiano come Pinot Grigio, Lambrusco, Chianti e Nero D’Avola, vini da prezzo, che gli italiani che frequentano il posto sembravano apprezzare pienamente. Mi verrebbe da commentare..in tempo di guerra! Gli italiani che abitano sull’isola sono una fetta consistente dei residenti e l’italiano e’ una lingua conosciuta da molta gente del luogo, che vive di turismo, che mai ha visitato l’Italia ma che e’ stata costretta ad impararla per questioni di business, con ottimi risultati.
Difatti da sempre Zanzibar e’ meta usuale di turisti italiani che ahime’ vedono poco dei posti dell’isola perche’ preferiscono rimanere nei resorts, al riparo da pseudo-malattie e restii a volersi avvicinare alla gente del posto.
Penso, invece, che una delle esperienze piu’ interessanti ed illuminanti che io abbia fatto durante la vacanza, sia stata la visita ad un villagio, aiutata da un ragazzo del posto, e dove ho avuto modo di vedere come si svolge la vita quotidiana dei zanzibarini. Ho potuto vedere i piccoli bimbi del villaggio sorridere per una caramella data in regalo, ed un ragazzo sordomuto meravigliarsi per una foto fatta col telefonino. Sono tutte cose che noi, europei, diamo per scontato e che, invece, non lo sono affatto per chi vive sulle coste dell’Africa. Una cosa e’ certa, i Zanzibarini vivono ogni giorno delle piccole cose che la vita offre loro, prendono il meglio della vita e aspettano, con pazienza certosina, l’alta marea per andare a pesca e sbarcare il lunario.
Un’esperienza unica che mi ha fatto riflettere molto sul significato della vita, e non e’ un luogo comune, e’ stato parlare con i ragazzi del posto che sperano in una vita migliore, ma per questioni culturali ed economiche, sono incapaci di metter in moto il meccanismo di cambiamento e si lasciano impaurire dalla mancanza dei mezzi necessari per dare una svolta al loro destino. Molti di quei ragazzi si trovano in una situazione di prigionia mentale: da una parte, capiscono che il posto dove vivono non offre loro la possibilita’ di una vita migliore, dall’altra parte, non riescono a trovare un modo per sfuggire alla monotonia quotidiana. Eppure la maggior parte dei ragazzi del posto parlano un ottimo inglese, hanno frequentato le scuole e le universita’ e potrebbero trovare lavoro in qualsiasi parte del mondo, senza problemi.
La vacanza a Zanzibar e’ stata entusiasmante e la prossima volta spero anche di poter fare il safari in Tanzania, esperienza, a detta di amici, bellissima ma fisicamente stancante. Io questa volta avevo voglia di rilassare la mente e il corpo, facendomi avvolgere dal calore del sole e dell’amicizia autentica.
Unico avvertimento che sento di dover dare riguarda le tempistiche africane: se pensate di ordinare del cibo, presi da un attacco di fame improvvisa, dimenticatelo! Il cibo arriva in media dopo due ore dall’ordinazione ma potrete riempire lo stomaco con un bel succo di anguria nel frattempo, oppure, rimarrete sorpresi dallo scoprire che nei negozi i proprietari e i commessi possono venir presi da improvvisi colpi di sonno e ignorare la vostra presenza.
La filosofia dei zanzibarini e’ dunque chiara ed e’ racchiusa nella locuzione che ripetono imperterriti a loro stessi e ai turisti impazienti: ‘pole pole’ che corrisponde al nostro ‘lentamente’. L’espressione la dice lunga sul modus vivendi degli Africani e si adatta alla lettera come mantra azzeccato per noi gente dell’estremo Occidente, rapita dalla frenesia moderna e vittima di stress e malesseri fisici e mentali.
E allora perche’ non pensare di abbandonare i ritmi frenetici e tuffarsi spensierati nelle bollenti acque africane? Vi lascio con piacere qualche dritta in caso decideste di trascorrere una vacanza strepitosa: basta contattare la mia amica Simona Scanu che gestisce il resort Santa Maria Coral Park  a Pongwe.
Simona rispondera’ a tutte le vostre domande e richieste, e vi aiutera’ ad organizzare escursioni da sogno. Il suo sito e’  www.islandexpeditions.net e i suoi contatti sono:  info@santamaria-zanzibar.com Tel: +255 777 184 251 o anche 0039 392 253 8415.

Giusy Andreacchio